Fenomenologia delle Olimpiadi: perché l’Italia fa la parte del perdente
Considerando le dimensioni geografiche e la popolazione presente nel nostro paese siamo sempre al vertice nel medagliere e combattiamo alla pari (o quasi) con paesi che per motivi di popolazione e strutture (come gli USA o il Giappone) o antichi possedimenti coloniali (Gran Bretagna e Francia), sulla carta, dovrebbero stracciarci. Ciò nonostante nell’immaginario collettivo (il nostro su tutti) rimaniamo una nazione perdente nei confronti di quest’ultime, abituati come siamo a vederci sconfitti negli sport in cui sono appunto queste potenze a farla da padrone. Ciò non ha affatto motivi legati alle reali prestazioni delle nostre nazionali, o molto relativamente, mentre riguarda piuttosto gli eventi e le specialità maggiormente pubblicizzate.
Alla vigilia di qualsiasi manifestazione olimpica sono essenzialmente due i fattori su cui i media italiani creano attesa tra gli spettatori:
1)I campioni italiani alle precedenti olimpiadi, chiamati a confermarsi;
2)I campionissimi di nuoto e atletica internazionali (come Phelps e Bolt), da cui ci si attende record e prestazioni entusiasmanti.
Se poi abbiamo la fortuna di avere un atleta azzurro che debba confermarsi campione in una delle due specialità allora raggiungiamo l’apice dell’attenzione. Nonostante le reti proprietarie dei diritti tv per i giochi olimpici concedano effettivamente spazio, nel corso della giornata, a varie specialità, chi non ha tempo per guardare per intero i giochi e si affida anche ai resoconti della stampa vede, spesso, le proprie aspettative deluse: i campioni italiani alle precedenti olimpiadi difficilmente si ripetono e il vedere campioni stranieri dominare le gare più attese, in cui peraltro gli atleti italiani nemmeno figurano (specialmente nell’atletica), da l’idea di una compagine tendenzialmente perdente.
Si tratta del principio, alquanto limitante, per cui l’attenzione ad un atleta viene data solo in seguito ad una vittoria olimpica ed in seguito questo viene messo sotto pressione nei successivi quattro anni, indipendentemente dai suoi risultati a mondiali ed europei.
Volete un esempio? Federica Pellegrini. Osannata dopo le vittorie di argento ed oro nei 200 metri stile libero, rispettivamente ad Atene 2004 e Pechino 2008, Federica non è riuscita a ripetersi né a Londra, né tanto meno a Rio, ma è sempre rimasta un punto di riferimento tra il pubblico che attendeva i giochi. Nei suoi confronti sono sempre state altissime le pressioni, anche considerando che gareggia in uno sport che è tra i più sponsorizzati ai giochi (rientra insomma in entrambe le categorie di cui i media amano raccontare). Non a caso è stata la nostra portabandiera a Rio.
Che dire, invece, di Valentina Vezzali, la schermitrice che ha dovuto partecipare a cinque edizioni delle olimpiadi e conquistare nove medaglie (di cui sei d’oro) per poter sollevare i nostri colori alla parata d’apertura dei giochi di Londra 2012? La scherma è l’esempio principale di sport in cui l’Italia eccelle ma di cui si parla molto poco.
Ci facciamo condizionare, insomma, dai gusti delle altre super potenze in fatto di sport. E questo, purtroppo per schermidori e tiratori a volo, influenza anche la memoria olimpica. Tutti ricordiamo Rosolino e Mennea, per esempio: ma chi si ricorda dello schermidore Mangiarotti? Eppure a giudicare dall’immagine in alto se lo meriterebbe.