Sopravvivere alla quarantena. La giornata della marmotta
Sveglia, colazione, lavoro. Poi pranzo, quindi lavoro, cena, relax, sonno e - di nuovo - lavoro. Questa la routine quotidiana a cui ci sentiamo condannati in questi giorni, privi di alcuno stimolo esterno. Non uno straccio di diversivo, non una singola proposta di attività a cui dedicarsi all’infuori dei propri doveri, salvo bilanci, bollettini, previsioni e proclami. Un programma per nulla stimolante, che rischia di rendere ogni giorno la brutta copia di sé stesso, in un continuo susseguirsi di 24 ore che ben poco promettono di regalaci. Il pericolo, oppure dovrei dire realtà, è quello di una noia disumana, destabilizzante, talmente paralizzante da trasformarsi in stress. Un vero “giorno della marmotta”.
Proprio pochi giorni fa, nel tentativo di restituire un senso alla mia serata, ho acceso una delle solite piattaforme di streaming. Sfogliando il catalogo ho ritrovato con piacere la commedia Ricomincio da capo, con Bill Murray. Non c’è voluto molto per rendermi conto che racconta in maniera allegorica – quasi come una favola antica – la nostra condizione attuale. La storia è quella del giorno della marmotta, in cui Phil – giornalista per una tv locale – è costretto a seguire la tradizionale uscita della prima marmotta dal letargo. Ritrovatosi in un paesino disperso della Pennsylvania, finisce per restare bloccato in una specie di circolo temporale. Ogni giorno si risveglia nello stesso hotel, fa le stesse cose ed incontra le stesse persone, con le loro solite problematiche e le loro solite, spesso infelici, frasi. Insomma, niente di nuovo anche per noi, direi, ci siamo capiti?
"In piedi, campeggiatori, camperisti e campanari! Mettetevi gli scarponi! […] In gamba, marmottini e marmottoni, oggi è: il giorno della marmotta!” recita l’odiosa radiosveglia che tira quotidianamente Phil giù dal letto. E questo suo odio per l’eterno deja vu in cui si trova non tarda a diventare insopportabile. Phil inizia a tentare il suicidio, in modi anche esilaranti, salvo poi risvegliarsi sempre nella sua stanza d’albergo. Niente sembra poter salvare il cinico Phil, che già nelle prime scene si dimostra insofferente alla giornata della marmotta.
Personalmente, dopo i primi giorni di quarantena non vedevo alcuna possibilità d’uscita dall’eterno presente delle opprimenti giornate casalinghe. Certo, per un po’ ci pensano i piccoli premi che ci concediamo, oppure le infinite attività che svolgiamo a farci tirare avanti. Ma per quanto mi riguarda questo significa solo mettere in standby il cervello, aspettando che questo periodo finisca. Riempire le giornate di impegni fa sì che non si dilatino, ma d’altro canto le colma di vuoto. Certo, può essere utile per qualche giorno, ma alla lunga finisci per porti delle domande, per lo più scomode, cercando costantemente risposte che ti mantengano sano. Domande di che tipo? Beh, l’interrogativo più grande resta la fine della quarantena. Ma se si ha la fortuna di essere in salute, subentra anche un’autoanalisi.
Riflettere su sé stessi, su ciò che si era prima dell’inizio di questa pausa. Sulla direzione presa. Sì, ecco, la partita che stavo giocando – con difficoltà, sudore, fatica, ma magari anche qualche piccola soddisfazione – è stata improvvisamente interrotta. Come me la stavo giocando? Al di là di come la giudicherebbe chi mi guardava dall’esterno, che valutazione ne posso dare, in tuta onestà? Se fosse continuata la gara, quale sarebbe stato il risultato finale? Il mister mi avrebbe sostituito, oppure sarei stato in grado di finirla risultando decisivo? E soprattutto, ne sono soddisfatto?
Ecco, proprio in quest’ottica sto cercando di occupare le mie giornate, lavoro permettendo. Il “fare quello che avrei sempre voluto, ma per cui non ho mai avuto tempo”, non è tanto un recuperare il lavoro – o le faccende – lasciate in sospeso. Si tratta, piuttosto, di aggiustare il tiro rispetto a quello che la routine di vita che avevo assunto mi aveva portato ad essere e a fare. Che, poi, questo coincida anche con passatempi, attività, interessi, passioni è molto probabile. Le settimana, insomma, per riempirsi si riempie lo stesso.
È proprio questo che, alla fine, impara anche il povero Phil in Ricomincio da capo. Lavorando su sé stesso, il circolo temporale in cui è intrappolato si trasforma. Quelle frasi insopportabili che quotidianamente gli continuavano a ripetere i colleghi e conoscenti, si trasformano in richieste d’aiuto e occasioni di rendersi utile e crescere, mettendosi a loro disposizione. Solo così Phil può diventare una persona migliore e – finalmente – uscire dall’eterna giornata della marmotta.
Sinceramente avevo dimenticato cosa si nascondesse dietro la tradizione di osservare la prima marmotta che se ne esce dal letargo invernale. La visione del film dell’altra sera me l’ha ricordato. Se l’animale esce dalla tana senza problemi, allora significa che l’inverno finirà molto presto. Viceversa se, una volta uscito, si spaventa di fronte alla propria ombra e torna dentro, la stagione fredda continuerà ancora per molto tempo. Quale sarà, dunque, il nostro comportamento una volta usciti da questa quarantena? Proveremo a superarla, ricordandoci di tutte le nostre risorse messe da parte, o piuttosto ci spaventeremo davanti all’ombra del nostro passato ingombrante? L’inverno finirà oppure proseguirà?