Scarpe Lidl: un successo, ma in che senso?
Sono decisamente il caso mediatico della settimana e in pochi hanno approfondito fino in fondo il loro successo. Stiamo parlando delle fantomatiche scarpe Lidl, o per meglio dire di tutta la “Lidl Fan Collection”, arrivata – e presto andata a ruba – questo lunedì anche in Italia. L’opinione pubblica si è già scandalizzata a riguardo. Come hanno potuto delle dozzinali scarpe da 12,99 €, persino “brutte” a detta di molti, portare i consumatori italiani a fare code interminabili fuori dai discount, assalirli e addirittura metterle in vendita su eBay a migliaia di euro? Le spiegazione sta in una tecnica di marketing già utilizzata da diversi anni nel mondo dell’abbigliamento streetwear di lusso: il cosiddetto “drop”. A ben analizzare la vicenda, tuttavia, non è chiaro quale sia l’obiettivo di Lidl nel lungo periodo. L’azienda tedesca ha cavalcato un successo insperato e capitato quasi per caso. Il risultato non sono entrate milionarie, ma tanta tanta pubblicità in un settore – l’abbigliamento - che, tuttavia, non è neppure il suo.
Tutto nasce nel 2018. Lidl sta presentando ad Amsterdam la nuova collezione del suo marchio di abbigliamento Esmara (n.b. l’azienda non si è fidata a chiamarlo Lidl) che come testimonial ha niente meno che la modella Heidi Klum. Per fare felici gli invitati all’evento, il team distribuisce – quasi per gioco – delle calze di spugna bianche con il pacchiano marchio Lidl in evidenza: esattamente quelle vendute anche lunedì in Italia. Risultato? I social impazziscono, con decine di influencer in adorazione per quei calzini.
A questo punto Lidl capisce che è il caso di approfittare di un colpo di fortuna del genere. Ecco che il logo viene riproposto anche su scarpe, ciabatte e t-shirt. Un anno dopo presenta il tutto alla stampa europea. Come ha raccontato Michel Biero, executive director of purchasing and marketing per Lidl Francia: “A quel tempo non ci credevo del tutto. In ogni caso ne ho ordinato 230 paia per gli influencers”. E qui la “Lidl Fan Collection” è letteralmente esplosa. In Italia, tra gli altri, le ha ricevute anche Fedez, creando una visibilità incredibile al marchio.
Ecco che entra in gioco il “drop”, la tecnica di lancio che prevede di consegnare pochi prodotti a pochi negozi in un’unica soluzione. Ideale per generare hype e trasformare il prodotto in un vero e proprio caso. Il risultato sono gli assalti ai punti vendita e le scorte esaurite in appena un giorno, per poi essere rivendute a migliaia di euro su eBay.
UN TRIONFO DA DECIFRARE
Un successo, insomma, per Lidl e per la collezione. Sì, ma fino a un certo punto. Quello delle scarpe colorate rischia di rimanere un trionfo isolato di pura comunicazione, per quattro motivi:
-HA CREATO APPARTENENZA? Quella del “drop” di norma è una tecnica applicata da marchi di streetwear come Nike e Supreme: insomma, aziende che appartengono a ben altra fascia di prestigio, qualità e prezzo. Marche per cui i giovanissimi, target principale della collezione – farebbe certamente follie.
Questi lanci sono una manna per rafforzare il senso di appartenenza ad un marchio. “Il punto non è stare in coda per comprare un oggetto nuovo – ha spiegato David Fischer di Highsnobiety – Il punto è essere lì e far parte di quella comunità”. Ora, basta andare a fare la spesa in un giorno qualsiasi da Lidl per accorgersi che la sua comunità non è affatto composta dagli stessi ragazzini che hanno saccheggiato le scarpe lo scorso lunedì. L’età media dei consumatori è, come minimo, una ventina di anni più alta.
-SCARPE DA 12,99 € SONO ESCLUSIVE? Il segreto del “drop” è il suo rendere esclusivo ogni prodotto. In ogni città italiana, ad esempio, girano poche centinaia di scarpe Lidl. E poco importa che si tratti di un prodotto da 12,99 €, nel prezzo e nella qualità. Importa talmente poco che su internet il suo valore è schizzato alle stelle. Anche qui ha vinto l’informazione, il mood, e non il bene di consumo. Lidl è un po’ più “swag”. Si, ma chi ci ha guadagnato?
-E I GUADAGNI? Lidl ha senza dubbio guadagnato qualcosa da questa operazione, ma non tanto per la vendita diretta delle scarpe. Anche le migliaia di euro a cui sono state pagate online non hanno portato neanche un centesimo nelle casse dell’azienda. Il guadagno sta tutto nella comunicazione. In soldoni: i ragazzini ora ritengono cool il marchio Lidl sui vestiti. Il resto dell’opinione pubblica è scandalizzato. E quindi?
-E ORA? Il successo reale di questa operazione dipenderà dalle scelte future di Lidl. Produrrà altri vestiti con il proprio logo? Beh a quel punto verrà meno la loro esclusività. Fino ad ora l’azienda non aveva mai usato il proprio logo per il vestiario. In effetti, come aveva capito anche l’azienda tedesca, un marchio sinonimo di risparmio e frugalità, in teoria, non è il più indicato per generare una tendenza in fatto di moda.
Insomma, un trionfo di comunicazione ancora poco tangibile dal punto di vista reale. “Tutti gli scandali aiutano la pubblicità, perché non c'è migliore pubblicità della cattiva pubblicità.“ diceva Andy Warhol. E tutto questo parlarne, in effetti, da ragione al vecchio Andy. Ironia della sorte, in Italia la “Lidl Fan Collection” ha avuto successo grazie alla globalizzazione e al successo delle vendite all’estero. Il tutto proprio nell’anno meno globalizzato, causa Covid, degli ultimi 50 anni.