Sanremo, calamita irresistibile anche per chi non lo ama
“Il tutto è più della somma delle singole parti”
Era questa la tesi centrale della Gestalt, una corrente psicologica nata in Germania all’inizio del ‘900. Un motto che, a ben vedere, si adatta alla perfezione al fenomeno di Sanremo, che ogni anno catalizza l’attenzione degli italiani. Nel complesso il Festival, infatti, finisce per essere sempre e comunque un successo. E poco importa se le canzoni o gli ospiti non piacciono: se ne parlerà comunque in lungo e in largo. L’ideale per un programma televisivo che da sempre fa dello share il suo obiettivo principale. L’introduzione di FantaSanremo quest’anno ne è un’ulteriore conferma: musica, spettacolo e contenuti al suo interno non vengono valutati con criteri tradizionali, anzi. Persino quando sfocia nel trash e si lascia andare ai fuoriprogramma, Sanremo si prende di forza il centro della scena.
Emile Durkheim, uno dei padri della sociologia, sosteneva che nei rituali collettivi ogni società celebrasse se stessa. E Sanremo, in questo senso, è senza dubbio uno dei pochi rituali collettivi di riferimento per gli italiani, insieme alle partite della nazionale di calcio. Sul palco dell’Ariston finiscono tutte le tematiche che tanto fanno discutere il paese: diversità, politicamente corretto e questione di genere vengono inserite (più o meno forzatamente) in scaletta. Non importa quale sia la posizione presa dal conduttore di turno: tanto chi è d’accordo con lui, quanto chi lo critica finisce per avere gli occhi puntati sulla trasmissione, elevandola a rituale collettivo. Anche chi non ama la musica italiana o le prime serate nazionalpopolari di Rai1 per qualche giorno si ravvede e non si schioda dal primo canale.
Scomposto nelle sue singole parti, Sanremo raccoglie – di norma – più critiche che altro. Anche quest’anno, nonostante il successo complessivo del Festival, non sono mancate le bocciature. Fiorello è noioso, Amadeus è scontato, Checco Zalone irrispettoso. Eppure siamo sempre tutti lì sintonizzati, quasi fosse impossibile cambiare canale. I contenuti, insomma, passano in secondo piano rispetto alla manifestazione. Per non parlare dei cantanti, con artisti di primo piano come Jovanotti e Cesare Cremonini che ben si guardano dal partecipare alla gara del Festival, limitandosi a fare da “superospiti”. Ancora una volta, se li prendiamo singolarmente spettacolo e musica presenti a Sanremo non rappresentano il “non plus ultra” dello showbiz italiano. Messi insieme, però, lo diventano.
Quest’anno al panorama del Festival si è aggiunto anche FantaSanremo, il concorso social che – alla stregua del fantacalcio per la Serie A – permetteva di scegliere i propri artisti preferiti e di gareggiare. Ad assegnare punti, però, non era solo il posizionamento in classifica dei propri artisti.
Tra i bonus previsti da concorso figuravano anche:
· +20, artista presentato da Cristiano Malgioglio
· +20, tatuaggio in zone pubiche in bella vista
· +25, l’artista indossa capesante o raffigurazioni di esse come ornamento
· +10, l’artista si scaccola durante l’esibizione
Insomma, lo scopo dell’iniziativa era anche (e soprattutto) goliardico. Il successo di FantaSanremo, però, rivela ancora una volta come anche la presenza di trash e nonsense in un Festival che invece punterebbe ad essere il fiore all’occhiello della tv italiana alla fine non lo screditi minimamente, anzi. Benvengano anche gaffe, strafalcioni e trovate di cattivo gusto: Sanremo resta comunque Sanremo.
Non è casuale che gli italiani abbiano finito per gareggiare nei “fantasport” proprio in riferimento ai loro rituali collettivi più importanti: il calcio e Sanremo. Ma Mondiali di Calcio e Festival della Canzone hanno un’altra cosa in comune: già di norma raccolgono l’attenzione di due ampie categorie di italiani, gli amanti del calcio e gli spettatori televisivi. Il fatto che durante queste manifestazioni non si parli d’altro, finisce per far aumentare ulteriormente gli spettatori. Anche tra coloro che, proprio perché poi “se ne parlerà comunque”, preferiscono sforzarsi di guardare in prima persona Mondiali e Sanremo. Tutto ciò, nonostante di norma non seguano la Serie A o non abbiano idea di chi sia Ana Mena. Insomma, nessuno vuole essere escluso dai riti collettivi, dove “il tutto è più della somma delle singole parti”.