Fare il tifo per il cattivo? Può essere terapeutico
“Fai il tifo per i buoni”. Se c’è una cosa che le trame hollywoodiane, ma anche quelle del romanzo classico prima di loro, ci hanno insegnato, beh è certamente questa. Dai film Disney fino ai colossal, cresciamo con il principio che bene e male siano ben distinti, e che scegliere tra di loro non sia poi così difficile. Non fosse altro che si tratta, in fondo, solo di narrazioni. E dunque, tra mille storie di questo tipo, poi ne spunta una in cui è difficile scegliere dove schierarsi. In gergo tecnico il protagonista è senza dubbio un “villain” per le terribili azioni che compie, ma veste contemporaneamente i panni dell’”hero”: se non altro perché la narrazione è sviluppata attorno a lui. Che fare, dunque? Film come “Il Padrino” e serie tv come “Breaking Bad” o “You” basano il proprio fascino proprio su questo. È così sbagliato stare al gioco e parteggiare per il cattivo? Uno studio apparso sulla rivista “Psychological Science” ha posto fine a questo eterno dilemma, spiegando la dinamica che sta dietro a questa nostra malcelata “Sympathy for the devil”.
In principio fu il romanzo picaresco. Nato in Spagna nel XVI secolo (e poi arrivato in tutta Europa), questo genere raccontava le vicende apparentemente autobiografiche dei cosiddetti “picari”: bricconi e furfanti pronti a tutto pur di uscire dalla propria condizione di miseria o sfortuna. L’eroe/cattivo aveva, però, un passato drammatico a giustificarlo. Di norma era orfano, povero e denigrato da tutti: ecco perché il lettore era ben contento di vederlo compiere reati o azioni deplorevoli purché riuscisse a guadagnare una vita sopportabile.
Ma col tempo sono arrivate nuove narrazioni a mettere in difficoltà la coscienza del lettore. Storie come “Il cuore rivelatore” di Edgar Allan Poe (1843), in cui il narratore/protagonista racconta di come abbia compiuto un omicidio e poi occultato il cadavere. Una situazione paradossale, in cui il lettore si trova poi a sperare nervosamente, insieme al protagonista, che la polizia non trovi il corpo che sta sepolto sotto il pavimento.
Cinema e serie tv, più di recente, hanno pescato a piene mani da questo immaginario. Ne “Il Padrino”, “Michael Corleone” si mette a dirigere la famiglia, ma “solo” per onorare la memoria del padre. In “Breaking Bad”, Walter White decide di cucinare metanfetamina, ma (inizialmente) “solo” per pagare delle spese mediche. In “You”, Joe Goldberg spia, ruba e uccide, ma lo fa “solo” per difendere la propria storia d’amore. Tutti questi “solo” danno una pacca sulla spalla alla nostra coscienza, ma cosa troviamo realmente in questo genere di trama?
Una ricerca pubblicata su “Psychological Science” sostiene che storie del genere possono offrire un paradiso “per confrontarci con il nostro lato oscuro. Quando le persone si sentono al sicuro, sono più interessate al confronto con personaggi negativi che sono simili a se stessi in altri modi“, ha spiegato Rebecca Krause, uno degli autori dello studio.
Ma è difficile ammettere tutto questo con se stessi. “Le persone vogliono vedersi in modo positivo – ha confermato la stessa Krause -. Trovare delle somiglianze tra te e una persona cattiva può essere scomodo”, aggiunge. Tuttavia finché si tratta di semplici narrazioni di fantasia, farlo sarebbe molto più facile. Più difficile sarebbe spiegare perché si ama questo genere di storie ad alta voce.
Queste conclusioni sono state raggiunte attraverso 232.500 questionari online, che hanno dimostrato come le persone tendano ad amare tanto i cattivi quanto i buoni: proprio perché si rendono conto di somigliare ad entrambi.
La differenza la fa la natura di questi cattivi. Se si trattava di personaggi di fantasia, allora i partecipanti allo studio tendevano a non temere di vedere intaccata la propria immagine di sé. Viceversa, per loro era molto più compromettente riconoscersi nei cattivi della vita reale.
Alla luce di ciò, c’è da scommettere che l’avviso “tratto da una storia vera” all’inizio di un film di questo tipo possa fare tutta la differenza del mondo. Con buona pace di chi di solito è distratto durante i titoli di testa e rischia di finire per sentirsi una persona cattiva.