Improvvisare nella commedia degli equivoci della vita
Ogni azione che compiamo può essere interpretata in maniera diversa, a seconda della situazione in cui crediamo di stare. Per diventare le persone che vorremmo essere, a volte, basta dare la giusta cornice agli altri per inquadrarci. Il giusto input per improvvisare in questa “commedia degli equivoci”. Ciò avviene perché il modo in cui “definiamo una situazione”, quasi sempre fa la differenza.
Commedia degli equivoci? Di cosa si tratta? È una tipica trama letteraria, utilizzata già nel teatro greco. Per farla breve, tra due individui si viene a creare un malinteso, in base al quale uno di loro interpreta la situazione in un certo modo, mentre l’altro lo fa in maniera diametralmente opposta. Un uomo entra in un ristorante e chiede in maniera arrogante un tavolo. Il ristoratore, che attendeva la visita di un misterioso critico culinario, immagina che il cliente sia proprio il severo critico. Ed ecco che inizierà a trattarlo bene, a servirlo per primo, a dargli porzioni abbondanti. Il cliente da parte sua, continuerà a comportarsi in maniera arrogante, e questa sicumera verrà scambiata proprio per il tipico atteggiamento severo di un critico gastronomico.
Apparentemente si tratta di grossolani scambi di persona, che nessuno crederebbe mai di poter vivere davvero. Eppure osservandoli meglio campiamo come finiscano per alimentarsi da soli. Ogni azione o affermazione che compiamo ogni giorno, infatti, può essere interpretata in maniera diversa, a seconda della situazione in cui crediamo di essere (o in cui gli altri credono di essere). Niente ha un significato univoco e inequivocabile. E questo da un lato fa sì che non ci capiamo mai fino in fondo con gli altri, perché non siamo sicuri di condividerne la percezione. Dall’altro lato però ci rende potenzialmente in grado di girare questo errore a nostro favore. Perché non comportarci “come se” fossimo la persona che sognamo di essere? Alla fine gli altri potrebbero anche crederci, se sappiamo essere credibili. E soprattutto, con un po’ di impegno, potremmo anche diventarla per davvero.
Un ottimo esempio di questo fenomeno si trova nel film L’uomo che sapeva troppo poco con Bill Murray. Il protagonista del film, infatti, viene iscritto ad una serata di intrattenimento chiamata “Il teatro della vita”, in cui deve improvvisare insieme ad alcuni attori, fingendo di essere al centro di una specie di thriller. Casualmente il protagonista finisce veramente al centro di una spy story. E credendo sia tutta finzione, riesce ad uscirne illeso, recitando la parte dell’agente segreto esperto. Un risultato inimmaginabile per una persona sbadata come si era dimostrato il protagonista nelle scene iniziali.
Certo, fingerci degli agenti segreti probabilmente è impossibile nella vita reale. Ma niente ci impedisce di comportarci come le persone che vorremmo essere. Almeno per quei piccoli problemi che affrontiamo ogni giorno. Del resto in sociologia lo dice anche il cosiddetto “Teorema di Thomas”: “Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze”. Se voglio apparire come una persone più sicura di sé, ad esempio, perché, dunque, non mi comporto semplicemente come tale?
Inizialmente, certo, ci sembrerà di recitare. E forse ci verrà quasi da ridere in certe situazioni, perché ci sembra di essere innaturali. Ma è sorprendente come le persone che incontreremo finiranno per adeguarsi a questa immagine che diamo di noi.
Quello che accade in queste situazioni è una vera e propria commedia degli equivoci. Come all’interno di una perenne improvvisazione teatrale, gli altri accettano questo nostro personaggio, anche se non è reale, per lo meno all’inizio. A questo punto ci comportiamo come persone sicure di sé e gli altri, pian piano, ci credono. E non c’è motivo per cui in queste condizioni non si finisca davvero per guadagnare almeno un po’ di sicurezza in sé stessi.
La situazione definita come reale, insomma, produce conseguenze reali. Va bene, forse serve un po’ di allenamento per padroneggiare questo nuovo atteggiamento. Ma basta poco per accorgersi di come tale meccanismo ci condizioni già oggi. Quante volte ci siamo svegliati male, pensando che la giornata sarebbe andata a rotoli, e questo si è verificato puntualmente? Quante volte abbiamo chiesto un favore, sicuri che non ci sarebbe stato fatto, e infatti non ci hanno aiutati?
Per ricevere dagli altri le risposte che speriamo, a volte, basta sapere come fare le domande. O aiutare chi sta “improvvisando” con noi nella commedia degli equivoci a rispondere come vorremmo.
Del resto anche nel film Io, robot questo concetto veniva espresso chiaramente da Alfred Lanning, sotto forma di ologramma:
“Mi dispiace, le mie risposte sono limitate. Devi farmi le domande giuste”.