A cena, ma col plexiglass

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Va bene che riaprono ristoranti e bar con le distanze di sicurezza. Va bene pure che vogliono incentivare, a partire da giugno, il ritorno del turismo. Ma se non riaprono i bar in spiaggia senza limitazioni, sinceramente, non credo che andrò in ferie quest’estate”. Una conversazione come tante, che mi è capitato di sentire questa settimana, proprio mentre i ristoranti si apprestano a riaprire le saracinesche. Difficile non liquidarla, in un primo momento, come una voglia incondizionata di far festa dopo la quarantena, naturale ma forse poco obiettiva. Eppure la convivialità, e in particolare la commensalità, rappresentano atti sociali fondamentali, che troppo spesso sottovalutiamo. Quella distanziata e poco affollata che affronteremo nei prossimi mesi rappresenta un vero e proprio esperimento. Difficile prevederne le conseguenze.

Mangiare - ma anche bere, per tornare al ragionamento iniziale - è un atto sociale. Rendersene conto non è per niente difficile. Quando c’è da festeggiare, qual è la prima cosa che si fa? Un bel pranzo o una cena in compagnia. E se qualcosa, invece, è andato storto e vogliamo risollevarci il morale? Pranzo o cena in compagnia. Persino in una giornata qualsiasi, senza niente di particolare, preferiamo mangiare in compagnia: figuriamoci dunque in vacanza. Certo, un viaggio non è solo cibo e alcol, si spera. Ma è anche vero che rappresentano due momenti importanti, perché ci permettono di mescolarci per un po’ alle persone del luogo, adottando le loro stesse abitudini. Uno spritz in spiaggia non sarà l’esperienza antropologica della vita. Berlo con un certo panorama e in compagnia di determinate persone, però, può essere un ricordo significativo.

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Il sociologo e antropologo Pierre van den Berghe sottolinea come l’uomo sia del tutto uguale agli animali in questo. La maggior parte dei carnivori, fa notare, si serve di scambi di cibo per creare o mantenere legami sociali oltre ai naturali vincoli di sangue. Quale miglior modo di allargare la propria cerchia di amici, se non mangiando e bevendo insieme. Doverlo fare a debita distanza, è evidente, non sarà la stessa cosa.

Il pasto e la bevuta, poi, sono  atti sociali. Persino in un mondo frenetico e utilitaristico come il nostro, questo rituale mantiene una sua importanza. I comportamenti e le pratiche legati a pranzi, cene e bevute hanno ruoli precisi nella strutturazione del gruppo. Le modalità in cui la tavola è apparecchiata, dove ci sediamo, cosa ordiniamo e i turni di conversazione “creano la prossimità e la distanza: si sta seduti insieme ma in un modo che conforta la distanza e la gerarchia”, sostiene anche Michel Maffesoli. Dunque vogliamo stare vicini, ma a modo nostro. Le protezioni in plexiglas e le distanze forzate dei ristoranti di oggi, invece, ci impongono altre abitudini.

Mangiare e bere, dunque, rappresentano atti di convivialità in cui ci avviciniamo e allontaniamo a nostro piacere, utilizzando le pietanze come semplice strumento. Ora che non potremo più farlo a nostro piacimento, la loro parte sociale risulterà molto attutita. Banalmente, perché andare a distanziarmi al ristorante quando a casa posso cenare in libertà? Ecco allora che l’asporto e le consegne a domicilio diventeranno – nei prossimi mesi – sempre più importanti. Per le bevande, e il bere in compagnia, il discorso però non vale: specie in vacanza tra pochi amici. Accade così che anche il solo fatto di non poter bere uno spritz in spiaggia, incontrando nuove persone, per qualcuno farà saltare le vacanze.